lunedì 15 giugno 2009

MERITOCRAZIA E MOBILITà SOCIALE

Ho letto per caso, qualche giorno fa, una lettera scritta da Warren Buffet e Bill Gates all'allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Buffet e Gates, oltre a essere grandi amici, sono i due uomini più ricchi del nostro pianeta: il secondo, immagino non necessiti di alcuna presentazione, essendo fondatore e proprietario della Microsoft; il primo, forse un po' meno conosciuto, è il genio della finanza (a Wall Street lo chiamano l'Oracolo), che tra le altre cose detiene importanti quote azionarie di società come la Coca-Cola, Wal-Mart, American Express, Johnson & Johnson, etc.

Questi due cari amici, dicevamo, qualche anno fa hanno scritto una lettera indirizzata al presidente del loro Paese, con lo scopo di contestare la soppressione della tassa di successione. Tradotta malamente e a grandissime linee, l'argomentazione principale era la seguente: è giusto tassare le eredità perché il passaggio di ingenti patrimoni da una generazione all'altra è un insulto alla meritocrazia, un ostacolo al dinamismo e alla mobilità sociale. Utilizzarono infine un'efficace metafora: il capitalismo ereditario non può essere competitivo, come non potrebbe essere competitiva una squadra olimpica fatta con i figli dei campioni del passato.

Leggendo questa lettera ho provato qualcosa che non so bene descrivere in fondo allo stomaco: i due uomini più ricchi del mondo chiedono di essere tassati. Hanno creato le loro fortune grazie a un sistema meritocratico, partendo da zero e sfruttando solo il loro genio e le opportunità che un'economia di mercato offre, e adesso vogliono che per i loro figli sia lo stesso.

Tanto per tornare alla nostra piccola Italietta, qui, l'uomo più ricco, appena salito al governo, ha immediatamente eliminato le tasse di successione per i grandi patrimoni.
Che rabbia...

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