lunedì 21 febbraio 2011

Una storia diversa.

Abbiamo sentito per giorni parlare delle migliaia di profughi che sono arrivati a Lampedusa nei giorni scorsi, per lo più come conseguenza delle rivolte in Egitto e Tunisia. 
Abbiamo visto gente disperata affogare in mare e gente più fortunata (ma quanto?) riuscire ad arrivare in Italia e a farsi ospitare nei centri di accoglienza. Notizie che bene o male sentiamo da sempre, e che ormai non ci dicono più niente di nuovo.

Forse perché i giornalisti ormai non si prendono più la briga di dedicarsi alla parte più affascinante ma anche più difficile del loro mestiere: raccontare storie. Nessun telegiornale trova lo spazio di dedicarsi alle vicende di questi disgraziati, e nessuno pure parla di chi a Lampedusa ci vive, e si trova periodicamente invaso da migliaia di persone in cerca di un lavoro, di una nuova vita, di un po' di fortuna. Un bel paio di tette o il sorrisone di plastica di Morandi sono di solito ritenuti argomenti più interessanti. 

E allora, per esempio, ci perdiamo la storia di Imed, professore alle scuole superiori e addetto alla qualità in uno stabilimento Benetton. Due lavori per un totale di 300 euro al mese di stipendio. Un uomo di cinquant'anni, laureato, che si vergogna di non riuscire a mantenere la sua famiglia, e decide di provare a cercare un lavoro, probabilmente molto più degradante, in Europa. Si imbarca per l'Italia, ma il suo obiettivo è la Germania: trovare un posto qualsiasi, vivere con lo stretto indispensabile e mandare tutto il resto alla moglie e ai figli che vivono a Djerba.

Ma ci perdiamo anche l'altra faccia della medaglia: i lampedusani. Che si dividono tra quelli che votano Lega o che cercano di scappare dall'isola e quelli che vanno dal panettiere e comprano il doppio del pane, per portarne un po' nei centri d'accoglienza. Quelli che incontrano un egiziano che fa l'elemosina, lo portano al bar e gli offrono caffè e cannoli. 

Ho avuto modo per caso di sentire questa e altre storie, e mi sono un po' sentito in dovere di raccontarle, per ricordare (ma anche e soprattutto per ricordarmi) che non è tutto piatto e monocromatico come si vede al telegiornale o si legge sui quotidiani. Che c'è sempre di più, e spesso ad andare persi sono i particolari migliori e più significativi.


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